Il 18 maggio 1940 fu inaugurato il Sacrario del Battaglione Alpini “Aosta”, allestito in alcuni locali della Caserma Testa Fochi di Aosta. Gli sforzi, le ricerche e la volontà dei Comandanti del 4° Reggimento Alpini furono in questo modo premiati ma, soprattutto, con la costituzione e l’inaugurazione del Sacrario fu perpetuata e onorata la memoria dei propri Caduti. Il Battaglione “Aosta” nacque nel 1886 quale erede del Battaglione “Valle d’Aosta” e il suo primo impiego in battaglia risale al 1896, nella Guerra d’Africa.
Furono, però, le vicende della Prima Guerra Mondiale a imprimere un marchio indelebile in coloro che le avevano vissute: essi trovarono nella Istituzione militare la volontà di costruire un memoriale in cui le sofferenze e l'eroismo, attraverso gli oggetti, le fotografie e i documenti conservati, avessero un “monumento” per trasmettere valori e una memoria storica. L’obiettivo era fornire prove e testimonianze che permettessero di aggiungere significati alla storia dei fatti del IV Reggimento Alpini.
La Valle d’Aosta
non fu teatro di guerra nella Prima Guerra Mondiale ma vi
contribuì con un prezzo molto alto: 8.500 giovani inviati al
fronte, 1.557 caduti, 3.600 ospedalizzati per ferite o malattie,
850 fatti prigionieri. Molti dei caduti furono Alpini del
Battaglione “Aosta” comandato dal Colonnello Ernesto Testa Fochi
e facente parte del IV Reggimento Alpini. Al Battaglione
“Aosta”, unico tra tutti i battaglioni alpini, fu conferita la
Medaglia d'Oro al Valor Militare per le azioni sul Monte Vodice
e sul Monte Solarolo.
Il territorio non poteva pertanto offrire luoghi simbolici per
celebrare i contenuti dell'impegno e i valori dei soldati. E,
infatti non si avvertì, alla fine del conflitto, l'esigenza di
costruire un luogo di commemorazione. Un museo della memoria
avrebbe potuto, in parte, assolvere a questo compito ma allora
non fu fatto. La presenza di un monumento come quello del
Sacrario fu, invece, pensato durante il regime fascista, e
realizzato nel periodo delle guerre coloniali e prima
dell’inizio della Seconda Guerra Mondiale, quando in mancanza di
forti consensi nei confronti del'inizio della belligeranza
dell'Italia accanto alla Germania -
che si sarebbe concretizzata proprio ai confini tra la Valle
d'Aosta e la Francia nel giugno del '40 - la memoria della Prima
Guerra Mondiale servì a richiamare il valore legato al
sacrificio del precedente conflitto.
Oggi, con uno sguardo diverso, tali memoriali
ci aiutano in parte per recuperare le testimonianze che servono
a corredo della costruzione della Storia da parte dei
ricercatori, in parte per riflettere su come si possa
trasmettere una memoria attraverso oggetti e documenti, a cui la
collettività e le istituzioni, in un preciso momento del
passato, hanno attribuito determinati valori. La storia del
Sacrario incontra, infatti, con le importanti svolte del regime
e della fine della guerra, per abbracciare il tema del ricordo e
delle celebrazioni di tutto il sessantennio post bellico.
In effetti, i cimeli conservati ed esposti nel Sacrario possono
aiutarci a capire, da un lato, come si originano i simboli,
dall'altro, come essi possano avere una continuità
nell'immaginario collettivo e nella costruzione della memoria.
Attraverso i simboli e i reperti della
memoria, oggi sono possibili nuovi studi sull’uso pubblico delle
testimonianze del passato; molte ricerche in tal senso sono
state realizzate sui grandi
fenomeni del XX
secolo che appartengono alle esperienze della Seconda Guerra
Mondiale, della Shoah, delle guerre di Corea e del Vietnam. Ma
il ricordo collettivo va ancora, con grande interesse, alla
Prima Guerra Mondiale che ha rappresentato la disastrosa
apertura dello scorso secolo, non solo a causa della terribile
scia di morti e devastazioni che ha lasciato dietro di sé; non
solo a causa delle ingiustizie, delle frustrazioni, dei germi di
nuove guerre che, dopo la pace di Versailles, essa ha lasciato
in eredità agli europei e agli altri popoli; ma soprattutto
perché ha dato origine a una cultura del lutto, a una cultura
della guerra, a una cultura dell'odio e della barbarie. La
guerra del 1914-1918 ha prodotto e diffuso nel mondo gli orrori
e le nevrosi distruttrici del XX secolo: per questo proprio
essa, ed essa soltanto, è stata la Grande Guerra.
Per quanto riguarda la costruzione del Sacrario si cercò di
creare consensi intorno ai valori che andavano rafforzati.
Furono coinvolti i soggetti che erano contemporaneamente
chiamati
in causa in
quella memoria, in quanto appartenenti al corpo militare del IV
Reggimento Alpini e al tempo stesso destinatari di un messaggio
gratificante, che irrobustiva il senso di identità. Ex alpini,
militari in armi, famiglie di caduti e civili contribuirono con
l'invio di armi, cimeli, documenti e offerte in denaro
all'arricchimento del Sacrario.
La Storia ci insegna che, come faticosamente si costruiscono
monumenti, tanto facilmente vengono distrutti o rovinati; una
distruzione che non tiene conto delle motivazioni che hanno
voluto creare, in un certo momento, un’importante opera legata
alla memoria e alla storia nazionale. Quando vi sono passaggi
improvvisi, rivoluzioni, rovesci istituzionali, sembra non
esserci spazio per conservare e per lasciare ai posteri tracce
documentarie: si preferisce distruggere i simboli e gli oggetti
che hanno veicolato la vicenda dei vinti. Gli eventi del
secondo conflitto non risparmiarono il Sacrario. All'indomani
dell'8 settembre 1943, esso subì le conseguenze dello
sbandamento dei Reparti e, quindi, una larghissima parte di
documenti, testimonianze e, soprattutto, armi e materiale
militare presenti nel museo fu dispersa o rovinata.
Negli anni
successivi alla Seconda Guerra Mondiale, con la ricostituzione
del Battaglione “Aosta”, con sede nella Caserma Testa Fochi,
ebbe inizio un progetto di ripristino del Sacrario. Ciò comportò
un'opera di ricerca e di riordino dei materiali: come negli anni
’30, furono avviati contatti con i reduci, le loro famiglie e
tutte quelle persone o quegli Enti che avrebbero potuto
contribuire a restituire al Sacrario almeno una parte del suo
patrimonio. Moltissimo era andato irrimediabilmente perduto;
tuttavia a poco a poco, grazie al lavoro metodico dei vari
Comandanti che si succedettero alla guida del Reparto, si giunse
a ricostituire un nuovo patrimonio destinato alla memoria, con
l'aggiunta di documenti anche relativi alla Seconda Guerra
Mondiale.
Almeno due sguardi sono possibili per avvicinare questi reperti
di memoria: uno è quello del cittadino aostano, che vive intorno
alle architetture che oggi ospitano il Sacrario e che, come il
turista, vi passa accanto ignaro della sua esistenza, ma che
potrebbe esservi interessato in quanto legato a una storia
vicina, nello spazio e nel tempo. L'altro sguardo, spazialmente
più ampio, è quello del cultore di
storia generale nonchè della persona che s'interroga sul dove
vanno a
finire i frammenti materiali e ideali di una parte della storia
nazionale, che è sempre più di interesse pubblico ma che, sempre
meno, è garantito dalla memoria di chi ha partecipato agli
eventi delle passate guerre.
In effetti, oltrepassando la soglia del museo, si entra in contatto con
un mondo che non c’è più, ma non perché fisicamente i soldati, qui
ricordati, sono morti ma perché il loro messaggio, con il loro modo di
essere Alpini e uomini di valore, non ha più avuto eguali. Può forse
sembrare anacronistico tutto ciò, se ci si colloca da un punto di vista
esterno abituato a non pensare e a vivere a rimorchio del tutto facile e
del tutto pronto. Ma quello che siamo oggi, in tutte le sue sfumature,
lo dobbiamo alle vicende del passato, benché a volte ci dia fastidio
doverlo ricordare.
La memoria dell’“Aosta” fa parte di quella storia che attraverso gli avvenimenti cruenti delle guerre trascorse, ha contribuito a determinare il sistema di vita in cui oggi viviamo. Le madri, le mogli, i parenti e gli amici affidarono al Sacrario quello che avevano dei loro caduti, affinché non andasse perduta la memoria di quanto sofferto e compiuto e di tutto quel sangue che segnò la storia del Battaglione e degli Alpini. Oggi, a poco meno di un secolo dalle battaglie del Pasubio, del Vodice, del Solarolo e del Grappa, con il rinnovamento del Sacrario, si vuole commemorare per non dimenticare tutti i Caduti del Reparto.
Gianfranco Ialongo