X° Settore G.A.F. Valle d'Aosta Reparto misto Genio
La Guardia alla Frontiera, (G.A.F.) è stato un corpo militare del Regio Esercito, dal 1934 alla fine della seconda guerra mondiale, con il compito di difendere le frontiere dell'Italia. Venne istituito con regio decreto-legge del 28 aprile 1937, n. 833.
Il 4 dicembre 1934 fu costituita la Guardia alla Frontiera, che comprendeva reparti di genio, artiglieria e fanteria. La Guardia alla Frontiera aveva il compito di proteggere i confini presidiando il sistema di fortificazioni del Vallo Alpino. Nello stesso anno il capo di stato maggiore dell'esercito decise di trasformare 5 reggimenti d'artiglieria d'armata in altrettanti reggimenti artiglieria G.A.F.; alla G.A.F. furono quindi affidati circa un migliaio di opere difensive del Vallo Alpino.
Nel maggio del 1937, il generale Alberto Pariani dispose la trasformazione di 5 reggimenti di artiglieria d'armata. La struttura assunse nel corso del 1938 larga autonomia e fu riconosciuta in via ufficiale il 28 aprile 1937, attraverso il regio decreto legge nº 833 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale nº 139 del 17 giugno 1937.
Al 10 giugno 1940 (all'entrata in guerra dell'Italia) la G.A.F. era composta (non considerando colonie, la Libia occidentale ed orientale e l'Albania) da 23 settori, 50.000 uomini, 28 battaglioni alpini "valle", 22 battaglioni di camicie nere.
Nonostante la G.A.F. avesse natura prevalentemente statica, alle sue dipendenze furono messe anche 5 compagnie di carristi, equipaggiate con carri leggeri Fiat 3000 che nel tempo, sia per l'anzianità, sia per la mancanza di pezzi di ricambio, finirono in buona parte abbandonati nei magazzini dei settori o interrati per utilizzarli come piccole opere difensive.
Un importante episodio vide protagonista la Guardia alla Frontiera ed avvenne nella notte fra l'8 e il 9 settembre 1943 quando, subito dopo la firma dell'armistizio di Cassibile ed il messaggio al Paese da parte del Maresciallo Pietro Badoglio presso la caserma "Italia" di Tarvisio (UD), dov'erano reparti dell'XVII Settore, il col. Giovanni Jon, piemontese, fece suonare l'allarme per far rientrare tutti i soldati e, riuniti sul piazzale della caserma, spiegò loro il proclama di Badoglio concludendo con: '...ragazzi, per noi la guerra comincia adesso e, se i tedeschi verranno all'attacco noi risponderemo alle loro armi con coraggio e decisione. "Siamo le guardie alla frontiera le sentinelle avanzate della Patria e faremo il nostro dovere" , nessuno obiettò, i 300 uomini di stanza tennero testa per sei ore ai tedeschi, sostenendo un duro attacco condotto da un reggimento di 'Waffen-SS'. Alla fine degli scontri si contarono 24 morti e 48 feriti. Una lapide posta all'ingresso della stessa caserma ricorda l'evento.
Nel dopoguerra la specialità non venne riattivata.
Negli anni '50 i sistemi fortificati già in utilizzo alla G.A.F. vennero in parte riattivati e migliorati in funzione delle nuove tecniche di difesa NBC (Nucleare-Batteriologica-Chimica) su approvazione e con piani e finanziamenti NATO come primo fronte di difesa del confine nordorientale considerato parte sensibile rivolgendosi in direzione dei Paesi della cortina di ferro. Dal passo di Resia in Trentino-Alto Adige al passo del Predil in Friuli-Venezia Giulia, quindi, alcune opere fortificate vennero riutilizzate e vennero costruite una serie di nuove linee difensive lungo la pianura friulana fino alla soglia di Trieste (il tratto di sistemi difensivi dal passo del Predil fino a Fiume rimasero in territorio jugoslavo a causa dello spostamento a ovest dei confini italiani sanciti dai trattati di pace di Parigi del 1947).
Dagli anni 1952 e 1953 tali sistemi vennero affidati ai "Raggruppamenti battaglioni da posizione".
Dal 1º gennaio 1957 i reparti subirono varie trasformazioni fino ad assestarsi nel 1962, a seconda dei territori di competenza, in:
- Alpini d'arresto
- Fanteria d'arresto
Che quindi, di fatto, saranno gli eredi della G.a.F. finché si sciolsero definitivamente dal 1989 al 1992 dopo il crollo della cortina di ferro.
I militari della Guardia alla Frontiera erano addestrati come se fossero alpini: ovvero con lunghe marce su sentieri montani, l'uso degli sci, arrampicate, ma soprattutto uno stile di vita essenziale, per abituare i militari a dover vivere in un'opera difensiva permanente.
Le uniformi usate dalla G.A.F. erano quelle Regio Esercito; i copricapo erano il berretto rigido con visiera ed il cappello alpino, ma quest'ultimo si differenziava da quello degli Alpini perché aveva il fregio della fanteria o dell'artiglieria o del genio, contenendo nel tondino il numero del settore di copertura espresso in numeri romani, ed avendo la nappina di lana per la truppa e metallica per ufficiali e sottufficiali ma priva della penna nera; per questo motivo nell'ambiente degli alpini la G.A.F. veniva soprannominata "la vidoa" (la vedova).
Gli Alpini d'arresto dell'Esercito Italiano nacquero ufficialmente il 30 settembre 1962, per trasformazione dei precedenti Battaglioni da Posizione e successivamente commutati in Alpini da Posizione che furono via via creati a partire dal 1951.
Non essendo più quindi autonomi come lo erano in precedenza, i battaglioni vennero accorpati a Grandi unità, come la Brigata alpina "Tridentina", la Brigata alpina "Orobica", al Comando Truppe Carnia Cadore ed in seguito alle brigate alpine "Cadore" e la "Julia".
Il 1º luglio 1963 la numerazione dei Battaglioni Alpini d'Arresto cambiò da numeri romani a numeri arabi, ed essi assunsero il nome di alcuni Battaglioni "Valle", che avevano reso preziosi contributi sul fronte greco-albanese e su quello russo durante la seconda guerra mondiale.
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