COME NACQUE IL MOTTO DEL BATTAGLIONE AOSTA «E COUSTA L'ON CA COUSTA... VIVA L'AOUSTA!» Nel corso della spedizione di Crimea (1855 - 1856), più precisamente durante i combattimenti sul fiume Cernaia, a cui partecipano anche contingenti delle Brigate «Aosta» e «Piemonte» si diffonde una canzone militare con questo famoso motto. La trascrivo prendendo spunto dal libro di Italo Cossard, «Il Battaglione Aosta nella Grande Guerra». Couragi, andouma, andouma Couragi Piemonteis unì nouj aitre souma Cun Turc, Franseis, Ingleis Coi Russi d'la Crimea s'battruma neujt e dì e ferm an nostra idea J' crasrouma tutti lì. Cristo Santo! boum... boum... boum... Souma d'Aousta, Avanti, countacc... E cousta l'on ca cousta Viva j vei, viva l'Aousta! Ricerca di Laura Decanale
BANDIERA DEL 4° REGGIMENTO ALPINI Il comandante del reggimento, colonnello Alessandro Fiorio di San Cassiano, rimasto isolato col battaglione Aosta sulla sinistra del fiume Zeta, presso Danilovgrad, prima della resa ai tedeschi fece tagliare il drappo in sessanta pezzi e li affidò ad altrettanti ufficiali. Fece inoltre consegnare freccia e decorazioni alla Nunziatura Apostolica di Scutari, affinché li custodisse. Il 15 febbraio 1945 il capitano Piero Zavattaro Ardizzi inviò a Scutari i caporalmaggiori Gianni e Configliaccio per recuperare freccia e decorazioni. I due alpini trovarono la sede della Nunziatura incendiata e in completa rovina e ne informarono il capitano, il quale aveva intanto saputo che era partito per Scutari un elemento infido che, se avesse trovato i cimeli, forse li avrebbe consegnati agli slavi. Urgeva perciò provvedere al recupero e il capitano Zavattaro Ardizzi inviò allora a Scutari il caporalmaggiore Blardone, con l'ordine di effettuare accurate ricerche fra le maceria. Il Blardone, fortissimo marciatore, percorse a piedi in due giorni circa 140 chilometri, giungendo tempestivamente a destinazione. L'abitazione del Nunzio era stata bruciata ed il Sacerdote abitava in una vicina casetta. Per tutta la giornata scavò egli stesso, con gli alpini, fra le macerie, finché furono rinvenuti i cimeli: l'asta carbonizzata, le medaglie e la colonnina intatte e la sommità della freccia, fusa. I preziosi reperti furono conservati dal capitano Zavattaro Ardizzi,il quale li portò seco in Patria. Mentre era a Viterbo, nell'aprile 1945, quale comandante del battaglione "Torino" del reggimento Garibaldi, ricevette in consegna dal maresciallo Negro, già del 3° alpini, il gagliardetto del battaglione Exilles. Decise allora di ricomporre il vessillo: fece fare un'asta regolamentare, alla sommità applicò la colonnina della Bandiera del 4° e all'asta stessa il drappo del gagliardetto. Col grumo di metallo fuso proveniente dalla freccia, fece fondere un'aquila che sovrappose alla colonnina. Conservò per qualche tempo la Bandiera così ricostituita e poi la consegnò al colonnello Ravnich, comandante del reggimento Garibaldi e così essa divenne la Bandiera del reggimento. Il colonnello Ravnich la consegnò poi nel 1946, con solenne cerimonia al Sacrario del 4° alpini in Aosta. Frattanto rientravano in Italia gli ufficiali superstiti fra quelli cui erano stati affidati i lembi della Bandiera del 4°; il colonnello Fiorio fece ricerca dei preziosi lembi e consegnò quelli che aveva potuto raccogliere al colonnello Carlo Vittorio Musso, allora comandante del 4° alpini ricostituito, il quale continuò la ricerca e la raccolta, riuscendo a ricomporre i due terzi del prezioso vessillo, cuciti su di una rete da alcune donne torinesi. Alla Bandiera così ricostruita furono apposte le medaglie al valore recuperate dal capitano Zavattaro Ardizzi e nel 1947 fu, con solenne cerimonia, aggiunta la medaglia d'argento decretata al battaglione Ivrea. Nel 1947, all'atto della sostituzione delle nuove Bandiere alle vecchie, il colonnello Musso ottenne che, per concessione speciale, il lacero cimelio fosse lasciato in custodia nel Sacrario del 4° alpini nella caserma Testa Fochi di Aosta. Nel 1948, però, dovette seguire la sorte comune e fu trasferito al Vittoriano, in Roma.
MEDAGLIA D'ORO Il battaglione Aosta, superando accanita resistenza nemica ed aspre difficoltà di terreno organizzato a difesa, ascese sanguinosamente le rupi del Vodice impadronendosi, con altro reparto, della q. 652 sulla quale, con sovrumana tenacia resistette, senza cedere un palmo di terreno, a terrificante bombardamento, a ripetuti contrattacchi, a difficoltà inenarrabili. (Vodice, 18-21 maggio 1917).
Nella battaglia della finale riscossa, rinnovando ancora una volta l'esempio di eroico valore, di spirito di sacrificio, di serena fermezza degli alpini d'Italia, consacrava alla vittoria ed alla gloria della Patria il fiore dei suoi alpini che, decimati ma non domi, intrepidamente pugnavano e cadevano al grido rintronante fra il fragore delle armi: " Ch'a cousta l'on ch'a cousta, viva l'Aousta!".
Nella battaglia della finale riscossa, rinnovando ancora una volta l'esempio di eroico valore, di spirito di sacrificio, di serena fermezza degli alpini d'Italia, consacrava alla vittoria ed alla gloria della Patria il fiore dei suoi alpini che, decimati ma non domi, intrepidamente pugnavano e cadevano al grido rintronante fra il fragore delle armi: " Ch'a cousta l'on ch'a cousta, viva l'Aousta!".
(Monte Solarolo, 25-27 ottobre 1918).
MEDAGLIA D'ORO
All'alba del 9 settembre 1943, il gruppo artiglieria Alpina Aosta
prontamente schieratosi, reagiva alla perfida insidia tedesca. Nei
continui, durissimi, sanguinosi combattimenti protrattisi per oltre un
anno, unitamente a formazioni di patrioti jugoslavi, dominava con
spirito eroico ogni difficoltà e superava ogni rischio imponendosi
all'ammirazioni di tutti.
Blocco granitico di volontà combattiva,
manteneva alto in ogni circostanza il prestigio delle armi italiane,
dimostrando, in un'ora di smarrimento e di dolore, incrollabile fede nei
destini della Patria e indomabile volontà di lotta e rinascita.
(Montenegro-Sangiaccato - Albania, 9
settembre 1943 - 31 ottobre 1944)