Gli “Occhi di
Tolentino”
La “nebbia
schifa” di un Alpino in partenza dopo il turno di servizio.
Sono tristi gli occhi a Tolentino, sono gli occhi di
persone che hanno perso tutto, senza più casa, ricordi, con gli affetti
rimescolati dalle scosse della loro terra che continua a tremare sotto i piedi.
Sono duri gli occhi a Tolentino, guardano con
sospetto, diffidenza, forse un po’ di paura, tutte quelle donne e quegli
uomini, vestiti di giallo, che hanno “preso possesso” della loro piazza Ugo La
Malfa, e l’hanno riempita di container: cucina, dormitori, servizi igienici,
segreteria e quant’altro.
Ma via via che i giorni passano…
Diventano curiosi gli occhi a Tolentino, curiosi di
quel Cappello con la penna, che imparano a conoscere per quello che è
realmente: l’emblema della solidarietà che gli Alpini hanno sempre saputo
esprimere, oggi come allora, come sempre sarà in futuro.
Come dimenticare Elisa, la Scout del gruppo
“Tolentino 1”, che al grido di “Non l’ho
mai avuta! Voglio una foto con l’Alpino Stefano!” se la fece scattare e la
postò sul gruppo di Facebook.
E piano piano si
illuminano gli occhi a Tolentino. Qualche battuta, per rendere “più corta” la
fila per il pranzo o per la cena, come la signora Tardelli, subito prima di
Andrea Rossi “una parte dell’attacco
della formazione Campione del Mondo di Spagna 1982, Conti, Tardelli, Rossi,
Antognoni e Bettega” o il sorriso della ragazza di colore che “aveva un nome che sembrava il rombo di un
temporale”, piccoli momenti che hanno sciolto la preoccupazione e la
diffidenza in un sorriso, così come i tanti cartellini di riconoscimento con i
nomi da correggere, soprattutto delle persone provenienti da paesi
extracomunitari “tranquilli, dammi il
nome corretto che la prossima volta che vieni ti faccio trovare tutto corretto”.
Diventano amici gli occhi a Tolentino, nelle sere
passate davanti alla Scuola King a parlare, a cercare rassicurazione, a
condividere esperienze, complice un mezzo toscano fumato con molta calma, quasi
ad allungare il tempo.
Diventano umidi e si bagnano gli occhi a Tolentino,
e le parole vengono strozzate in gola da un groppo di tristezza quando è l’ora
di ripartire, a fine turno dopo aver ricevuto il cambio.
E l’ultima immagine rimane nel cuore: il piccolo
Andrea, che ci rincorre su quanto resta della biciclettina arrivata una
settimana prima dalla Valle d’Aosta, appositamente per lui, e che in pochi
giorni non ha retto troppo bene all’esuberanza dei suoi 4 anni, che, infilando
le manine, rischiandole, nella portiera del Ducato, ti da un bacio sulla
guancia e ti dice “ti voglio bene!”.
Quanta nebbia, davanti agli occhi a Tolentino,
quella “nebbia schifa”, ricordata anche dal vice presidente vicario Carlo
Gobbo, perché gli Alpini non piangono…
Ancora una volta siamo partiti per portare
solidarietà e abbiamo ricevuto più di quanto abbiamo dato.
Grazie Tolentino! E come dicevamo solo quattro anni
e mezzo fa in Emilia… “Tieni Botta”!
Stefano Meroni
Foto 1: Con
gli abitanti di Tolentino.